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Con gli occhi rivolti al sentiero

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Un giovane, ma scrupoloso studente, si avvicinò al suo Maestro di meditazione e gli domandò:
“Se lavoro duramente e mi applico con diligenza, quanto impiegherò a realizzare lo Zen?”
Il Maestro rifletté sulla domanda, ed infine rispose: “Dieci anni”.
Lo studente allora disse: “Ma se mi applico molto, molto duramente, e mi sforzo veramente al massimo per imparare velocemente, quanto tempo?”
Il Maestro rispose: “Bene, allora vent’anni”.
“Ma se veramente mi impegno con ogni mia forza, quanto tempo?” Insistette il discepolo.
“Allora trent’anni” replicò il Maestro.
“Ma io non capisco – disse lo studente deluso – ogni volta che dico che lavorerò più duramente, Voi rispondete che impiegherò più tempo. Perché dite così?”
Il Maestro rispose: “Quando tieni un occhio rivolto al traguardo, hai solo un occhio rivolto al sentiero”.


Sinceramente leggendo questa storia zen verrebbe da dire: “Ma che dice questo? Gli occhi devono essere puntati verso l’obiettivo!”
Ma riflettendo, ecco che come un lampo è arrivata l’illuminazione! 
Per raggiungere un obiettivo bisogna ovviamente avere il cuore proiettato verso quel nostro unico obiettivo, ma la mente rivolta verso il sentiero: concentrarsi sul cammino, altrimenti può accadere di non rendersi realmente conto delle difficoltà, o non saper cogliere le opportunità che il sentiero ci riserva e di non rendersi conto di aver preso la direzione errata.



Quindi, manteniamo nel cuore quelli che sono i nostri obiettivi finali... ma non distogliamo lo sguardo dal nostro cammino. Perché, parafrasando Kafka, i sentieri si costruiscono viaggiando. 
E, viaggiando, alcune volte una vittoria sul campo potrà trasformarsi anche in una sconfitta, ma attenzione che delle sconfitte possono anche trasformarsi in un'unica, grande, vittoria. 


Chi deve capire, capirà!



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