Alexander Chapman Ferguson nasce il 31 dicembre 1941 in un sobborgo di Glasgow. Figlio di Alexander Beaton Ferguson, ex calciatore del Glentoran, e di Elizabeth Hardie, non si mostra propenso allo studio tanto da venir bocciato sia alle elementari sia all'high school, al punto che decide di diventare apprendista. Il calcio gli dà comunque un'opportunità in più: diventa un calciatore e contemporaneamente continua a studiare ed a lavorare in fabbrica. Dopo l'apprendistato (durato sei anni), riesce nel 1964 a prendere il diploma. Successivamente all'ottenimento del titolo di studio, Ferguson segue dei corsi per tecnici di calcio. Nel 1958 fa il suo esordio in una società calcistica dilattentistica. Seguono contratti con il Saint Johnston, il Dumferline, i Glasgow Rangers, il Falkirk e nell'Ayr United. Nel luglio 1974 inizia la sua carriera di allenatore con l'East Stringshire, probabilmente non potendo neanche sognare ciò che il futuro gli riservava. Nella stagione successiva passa al St. Mirren e dopo tre stagioni riesce a portarlo nella massima serie. La stagione successiva riesce a guidare il club alla salvezza, ma viene comunque esonerato. Esonero che resterà “storico” nel curriculum del tecnico scozzese. Come spesso accade però, niente accade per caso, è nella stagione successiva si accasa all’Aberdeen. Nasce qui il primo miracolo sportivo di Ferguson: si ripete la magia del “terzo anno”, quando dopo la promozione con il club precedente, anche qui, alla terza stagione sulla stessa panchina vince il campionato. Questa volta però si parla di prima titolo, vincendo il campionato superando il Celtic di un punto. Due anni dopo l'Aberdeen conquista la Coppa di Scozia battendo in finale i Rangers per 4-1. L'anno successivo centra un treble, vincendo la Coppa di Scozia, la Coppa delle Coppe 1982-1983 (battendo addirittura 2-1 il Real Madrid in finale) e la Supercoppa Europea battendo l'Amburgo. Nel 1984 centra il double campionato - coppa nazionale e l'anno successivo l'ultimo titolo scozzese.
Contemporaneamente all'incarico di manager dell'Aberdeen accetta anche quello di commissario tecnico della Nazionale scozzese, che ricopre dal 16 ottobre 1985 al 13 giugno 1986. Partecipa quindi ai Mondiali 1986, con la Scozia che viene eliminata al primo turno. Dopo i ricchi trionfi in patria, Ferguson accetta la chiamata del Manchester United. E’ il 6 novembre del 1986. Il primo trofeo, neanche a dirlo, arriva dopo tre anni: la Coppa d'Inghilterra vinta contro il Crystal Palace nella ripetizione della finale. Pensare adesso allo United senza un titolo per tre anni appare quasi un fallimento, ma a quei tempi i Red Devils non vincevano niente da ben 26 anni. Da allora, però, i tifosi dei diavoli rossi con quello che nel 1999 diventerà “Sir” Alex, nominato dalla Regina Elisabetta II, arriveranno altri 37 trofei, di cui 32 Nazionali: ben 13 titoli nel Campionato inglese (adesso Premier League), 5 Coppe d’Inghilterra (FA Cup), 4 Coppe di Lega, 10 Charity Shield. Il resto sono 6 titoli continentali e intercontinentali: 2 Champions League (storica quella del 1998-1999), 1 Coppa delle Coppe, 2 Supercoppe Europee, 2 Coppe Intercontinentali (adesso Coppa del Mondo per Club FIFA). Ferguon è – e rimarrà – una leggenda del calcio e un fuoriclasse della panchina oltre che l’icona del Manchester Utd. Ha raccolto 894 vittorie e 2762 gol in 1498 sfide disputate da manager dei Red Devils. Ha sperimentato tanti moduli da maestro della tattica, e ha avuto la merito di lanciare alcuni dei migliori talenti degli ultimi 20 anni: Cantona, Giggs, Scholes, Van Nistelrooy, Cristiano Ronaldo, Rooney e tanti altri. Una personalità granitica: pretende il massimo da tutti e, se necessario, urla e litiga con chiunque. Avversari e propri giocatori, è uguale. Del resto, Beckham ancora ricorda lo scarpino scagliato da Sir Alex, e finito sul proprio volto (in modo più o meno casuale). I giocatori ne hanno addirittura paura. «Appena me lo trovavo di fronte, cominciavo a tremare», confidava Becks. «L’hairdryer», l’asciugacapelli a suon di grida, era un incubo dello spogliatoio. Nel 2004, Alex ha dovuto combattere la tachicardia con un pacemaker: si è operato in mattinata, ed è tornato all’Old Trafford prima di sera. Il mito adesso si tinge di ricordi. Si dice che ci siano 50 milioni di pagine internet e almeno 12 biografie dedicate (che sicuramente si raddoppieranno nei prossimi giorni) continueranno a raccontare la storia di un campione. Perfino una delle tribune dell’Old Trafford porta il nome del manager scozzese. Certo, Sir Alex dovrà inventarsi un futuro tra pochi mesi: i viaggi, la lettura, le lingue, i vini, i cavalli e la pittura sono le sue passioni. Non faticherà a tenersi occupato. “D’altronde, sono un ragazzo con così tanto talento...”, sorrideva solo qualche tempo fa. Quando ancora non aveva lasciare la panchina perché egli stesso ripeteva “Continuerò finché avrò l’energia e la salute. Il ritiro è per la gente giovane. Io sono troppo vecchio per andare in pensione e non avrei niente da fare”. Ma adesso, forse, è giusto così. Sicuramente il calcio e lo sport in generale perderà quello che lo stesso Mourinho ha definito il capo di tutti gli allenatori. Ma, dicevamo, è giusto così: chiudere quando ancora si ha la possibilità di scelta, da vincente. Davanti al suo pubblico all’Old Trafford e con la tredicesima Premier League appena conquistata.
Una leggenda senza fine… un uomo e un allenatore senza mezze misure: “o la mia strada, o l’autostrada”.
Semplicemente, Sir Alex Ferguson.
Contemporaneamente all'incarico di manager dell'Aberdeen accetta anche quello di commissario tecnico della Nazionale scozzese, che ricopre dal 16 ottobre 1985 al 13 giugno 1986. Partecipa quindi ai Mondiali 1986, con la Scozia che viene eliminata al primo turno. Dopo i ricchi trionfi in patria, Ferguson accetta la chiamata del Manchester United. E’ il 6 novembre del 1986. Il primo trofeo, neanche a dirlo, arriva dopo tre anni: la Coppa d'Inghilterra vinta contro il Crystal Palace nella ripetizione della finale. Pensare adesso allo United senza un titolo per tre anni appare quasi un fallimento, ma a quei tempi i Red Devils non vincevano niente da ben 26 anni. Da allora, però, i tifosi dei diavoli rossi con quello che nel 1999 diventerà “Sir” Alex, nominato dalla Regina Elisabetta II, arriveranno altri 37 trofei, di cui 32 Nazionali: ben 13 titoli nel Campionato inglese (adesso Premier League), 5 Coppe d’Inghilterra (FA Cup), 4 Coppe di Lega, 10 Charity Shield. Il resto sono 6 titoli continentali e intercontinentali: 2 Champions League (storica quella del 1998-1999), 1 Coppa delle Coppe, 2 Supercoppe Europee, 2 Coppe Intercontinentali (adesso Coppa del Mondo per Club FIFA). Ferguon è – e rimarrà – una leggenda del calcio e un fuoriclasse della panchina oltre che l’icona del Manchester Utd. Ha raccolto 894 vittorie e 2762 gol in 1498 sfide disputate da manager dei Red Devils. Ha sperimentato tanti moduli da maestro della tattica, e ha avuto la merito di lanciare alcuni dei migliori talenti degli ultimi 20 anni: Cantona, Giggs, Scholes, Van Nistelrooy, Cristiano Ronaldo, Rooney e tanti altri. Una personalità granitica: pretende il massimo da tutti e, se necessario, urla e litiga con chiunque. Avversari e propri giocatori, è uguale. Del resto, Beckham ancora ricorda lo scarpino scagliato da Sir Alex, e finito sul proprio volto (in modo più o meno casuale). I giocatori ne hanno addirittura paura. «Appena me lo trovavo di fronte, cominciavo a tremare», confidava Becks. «L’hairdryer», l’asciugacapelli a suon di grida, era un incubo dello spogliatoio. Nel 2004, Alex ha dovuto combattere la tachicardia con un pacemaker: si è operato in mattinata, ed è tornato all’Old Trafford prima di sera. Il mito adesso si tinge di ricordi. Si dice che ci siano 50 milioni di pagine internet e almeno 12 biografie dedicate (che sicuramente si raddoppieranno nei prossimi giorni) continueranno a raccontare la storia di un campione. Perfino una delle tribune dell’Old Trafford porta il nome del manager scozzese. Certo, Sir Alex dovrà inventarsi un futuro tra pochi mesi: i viaggi, la lettura, le lingue, i vini, i cavalli e la pittura sono le sue passioni. Non faticherà a tenersi occupato. “D’altronde, sono un ragazzo con così tanto talento...”, sorrideva solo qualche tempo fa. Quando ancora non aveva lasciare la panchina perché egli stesso ripeteva “Continuerò finché avrò l’energia e la salute. Il ritiro è per la gente giovane. Io sono troppo vecchio per andare in pensione e non avrei niente da fare”. Ma adesso, forse, è giusto così. Sicuramente il calcio e lo sport in generale perderà quello che lo stesso Mourinho ha definito il capo di tutti gli allenatori. Ma, dicevamo, è giusto così: chiudere quando ancora si ha la possibilità di scelta, da vincente. Davanti al suo pubblico all’Old Trafford e con la tredicesima Premier League appena conquistata.
Una leggenda senza fine… un uomo e un allenatore senza mezze misure: “o la mia strada, o l’autostrada”.
Semplicemente, Sir Alex Ferguson.